Questo è un primo aiuto a chi si interroga sulla validità o meno delle sue nozze.
Rimane comunque imprescindibile un approfondimento relativo al caso concreto per evitare conclusioni affrettate.
Conclusioni capaci di generare dannose illusioni o di scoraggiare con risposte superficiali chi necessita di una consulenza per l’accertamento della libertà di stato e per la pace della sua coscienza.
Le proprietà essenziali del matrimonio, che sono tra loro strettamente connesse, sono l’indissolubilità che qualifica il matrimonio in senso temporale, rendendolo perpetuo e sottraendolo nella sua esistenza alla volontà degli stessi coniugi e l’unità che qualifica il rapporto coniugale come monogamico, diventando sinonimo di fedeltà coniugale.
L’indissolubilità si contrappone al divorzio, l’unità si contrappone all’adulterio.
Per celebrare un valido matrimonio occorre:
1) una capacità personale, individuata attraverso una serie di circostanze che la escludono (cc.dd. impedimenti dirimenti);
2) il consenso delle parti, cioè la concorde volontà dei nubendi di dar vita al matrimonio; se manca il consenso o presenta carenze o vizi il matrimonio pur se formalmente celebrato, risulta invalido;
3) l’osservanza di alcune precise formalità prescritte dalla legge.
L’esclusione dell’unità-fedeltà del matrimonio comporta la nullità del matrimonio quando una o entrambe le parti intendono non impegnarsi alla fedeltà verso l’altro coniuge.
Con ciò si riservano la libertà di avere relazioni extraconiugali (sia eterosessuali che omosessuali), volendo un matrimonio, per così dire, ‘aperto’.
Esclusione dell’unità-fedeltà, parimenti, si presume da:
• chi sposa con l’intenzione di non abbandonare l’amante;
• chi la esclude con una condizione sine qua non;
• chi immediatamente prima e dopo il matrimonio coltiva relazioni intime con altre persone.
E’ bene chiarire che non ha alcuna efficacia invalidante una semplice propensione verso l’infedeltà, essendo necessario, invece, accertarsi dell’effettivo proposito di dar vita ad un matrimonio extra et contra doctrinam Christi et Ecclesiae.
L’esclusione del valore sacramentale del matrimonio comporta la nullità del matrimonio quando una o entrambe le parti, con una volontà positiva, intendono escludere l’elemento della sacramentalità del matrimonio.
In tale ipotesi il nubente opererebbe la seguente distinzione: voglio il contratto-matrimonio ma ne escludo la sacramentale dignità.
In tali casi, non essendo presente nel simulante alcuna traccia di fede, si intenderebbe il matrimonio come qualcosa di diverso da quello voluto dalla Chiesa.
Al fine di accertare se in un determinato caso si sia voluto positivamente escludere il bonum coniugum occorrerà indagare se il nubente, celebrando le nozze, abbia inteso perseguire un fine in contrasto con la essenza del matrimonio ed in particolare con la sua «ordinatio ad bonum coniugum».
L’esclusione del bene dei coniugi comporta pertanto la nullità del matrimonio quando una o entrambe le parti, con una volontà positiva, intendono non impostare il loro rapporto matrimoniale su una compartecipazione di affetti e sentimenti, rifiutando, quindi, l’amore coniugale inteso non in senso meramente erotico ma tendente al bene ed alla felicità dell’altro.
Ciò perché il matrimonio è un atto tra due esseri umani posto in essere per il loro bene ed il bene dei coniugi costituisce un elemento essenziale per il consortium ed escludere tale “bene dei coniugi” significa, in buona sostanza, snaturare il fine del matrimonio.
Tale esclusione comporta la nullità del matrimonio quando una o entrambe le parti, con una volontà positiva, intendono non porre in essere il vincolo perpetuo che li lega per tutta la vita riservandosi il proposito di riprendersi la propria libertà, nel caso di infelice esito dell’unione coniugale, attraverso il divorzio o l’annullamento.
L’esclusione della prole comporta la nullità del matrimonio quando una o entrambe le parti, con una volontà positiva, intendono, in maniera assoluta e senza limiti di tempo, non mettere al mondo figli.
Se la prole si esclude temporaneamente perché per qualsiasi motivo si vuole attendere ad avere figli, il matrimonio è da considerarsi validamente sorto.
Qualora, però, tale esclusione temporanea sia arbitrariamente e continuativamente il sintomo di una effettiva negazione del diritto dell’altro ad averne, occorrerà attentamente verificare se quella esclusione temporanea non sia in realtà perpetua.
L’esclusione della prole, inoltre, può essere condizionata ad es. quando si ammetta di avere un figlio solo al raggiungimento di una certa posizione economica oppure di un certo grado di armonia tra i coniugi: anche in tali circostanze tale limitazione temporale potrebbe determinare la nullità.
Occorrerà, inoltre, valutare:
• che tipo di cautele anticoncezionali venivano eventualmente prese;
• per quale motivo si escludeva la prole: ad es. convinzione che sono un ostacolo alla propria libertà o alla propria realizzazione professionale o convinzione che siano un onere superiore alle proprie forze;
• se uno o entrambi i coniugi intendevano il rapporto matrimoniale come esclusiva vita a due anche per evitare le noie e i fastidi causati dai figli;
• il motivo che spinse, nonostante l’esclusione in esame, alle nozze religiose;
• quale reazione abbia avuto l’asserito simulante in caso di gravidanza non voluta (se ne abbia proposto l’interruzione o se sia stato contento alla nascita dei figli);
• se vi siano state, durante il matrimonio, interruzioni di gravidanza e per quale motivo;
• se vi siano state richieste di figli da parte dell’altro coniuge e come l’asserito simulante abbia risposto;
• se i motivi della fine del matrimonio possono essere ricondotti alle divergenze circa la presenza o meno dei figli nel matrimonio.
L’errore sull’identità della persona determina la nullità del matrimonio (per mancanza di consenso) perché riguarda l’oggetto sostanziale del patto coniugale: il consenso, difatti, è rivolto ad una persona diversa da quella che si intendeva sposare.
L’errore su una qualità della persona determina la nullità del matrimonio (per mancanza di consenso) quando per il contraente la qualità (che ravvisa nell’altro e su cui erra) è talmente più importante della persona (che si sta per sposare), da costituire l’elemento essenziale del progetto matrimoniale che egli intende realizzare.
In altre parole il soggetto vuole sposare la qualità, piuttosto che la persona: è indifferente quale persona rivesta la qualità che si intende, direttamente e principalmente, ‘sposare’. Qualora la qualità così intesa dalla parte dovesse mancare, cadrebbe l’unico elemento che determinò in lui la decisione matrimoniale rendendo (forse) impossibile la nascita di una vera comunione di vita coniugale.
Occorrerà valutare:
• se la qualità personale fosse una e ben definita o fossero, piuttosto, una serie di qualità;
• quale importanza veniva data alla presenza (o assenza) di quella qualità;
• il tipo di reazione avuto da chi scopre di aver errato.
Il dolo, quale vizio del consenso, può essere definito come un inganno provocato per ottenere dall’altro il consenso al matrimonio che deve riguardare una qualità (di chi inganna) che per sua natura può perturbare gravemente il matrimonio.
La violenza o il timore determinano l’invalidità del matrimonio se concorrono i seguenti requisiti:
• deve essere grave, sia in senso oggettivo che soggettivo, vale a dire relativo all’indole, al sesso, all’età di chi subisce o di chi incute il timore o relativo al rapporto tra chi subisce e chi incute timore;
• deve provenire dall’esterno, dal comportamento volontario di un’altra persona;
• ma non deve necessariamente essere stato provocato al fine di indurre al matrimonio, potendo, cioè, anche essere non intenzionale;
• senza dare alcuna alternativa, costringendo la parte a scegliere il matrimonio quale mezzo necessario ed unico per liberarsi dal timore di subire violenze fisiche o psicologiche.
Il timore può inoltre essere reverenziale quando, per il particolare tipo di rapporto che lega chi subisce e chi incute il timore (genitore-figlio, tutore-tutelato etc.), si sceglie il matrimonio quale unica via d’uscita possibile; rimedio motivato dalla paura di arrecare un dolore, un dispiacere o un rancore alla persona che insiste a che venga celebrato il matrimonio.
La mancanza di sufficiente uso di ragione, con ciò evitando di soffermarci ad elencare tutti i vari tipi di alterazioni mentali (ad es. schizofrenia, paranoia, psicosi maniaco-depressiva), comprende le psicosi.
Il difetto di discrezione di giudizio ricomprende tutte le forme gravi di nevrosi (ad es. isterismo, nevrastenia, psiconevrosi ossessiva, nevrosi di ansia o di angoscia, etc.; caratteristica comune sono gli stati d’ansia), e di psicopatie (ad es. gli ipertimici, i depressivi, gli insicuri, i fanatici, gli ambiziosi, gli immaturi affettivamente o psichicamente, gli instabili, etc.).
L’incapacità di assumere e adempiere gli obblighi essenziali del matrimonio comprende quei casi in cui si trova chi, per cause di natura psichica, non può assumere ed adempiere le obbligazioni fondamentali del matrimonio.
La condizione de futuro, a cui la persona lega la validità del matrimonio, determina la nullità sin dall’inizio del matrimonio cui è apposta, indipendentemente dal successivo verificarsi dell’evento cui essa si riferisce. In tale circostanza manca del tutto la volontà matrimoniale dal momento che l’efficacia del matrimonio viene subordinata al verificarsi o meno di un evento futuro ed incerto.
Il matrimonio rato e non consumato, tra battezzati e tra una parte battezzata e l’altra non battezzata, per un giusto motivo può essere sciolto dal Romano Pontefice, su richiesta di entrambe le parti o di una delle due, anche se l’altra parte fosse contraria.
Alle tue domande e ai tuoi dubbi sulla nullità del tuo matrimonio